(CAVALIERI MARVEL)
N° 47
FASI LUNARI
(PARTE
PRIMA)
LUNA CALANTE
Di Carlo
Monni
1.
La
luce della luna illumina debolmente l’interno di un appartamento elegante
altrimenti buio. La figura vestita completamente con un costume bianco, il cui
mantello svolazza spinto da un refolo di vento che arriva dalla finestra aperta,
si aggira per le stanze vuote in cerca di qualcosa che nemmeno lui sa bene cosa
sia.
Solo un giorno fa un
uomo nudo è caduto sul taxi di Jake Lockley ed è apparentemente morto nella
caduta. Si è buttato od è stato spinto giù proprio dalla finestra alle spalle
del supereroe chiamato Moon Knight, che proprio la notte precedente è stato
testimone della resurrezione di quell’uomo in forma di licantropo e della sua
successiva morte definitiva per mano di uno spaventato tenente di polizia.[1]
Moon Knight ha già
avuto a che fare con i licantropi in passato ma in questo c’è qualcosa che lo
lascia veramente perplesso. Avrebbe voluto parlarne con il suo vecchio amico
Jack Russell, ma non è riuscito a trovarlo[2] ed
ora si aggira per quell’appartamento vuoto cercando risposte.
Finora è solo
riuscito a capire che l’uomo in questione si chiamava Arthur Hiller, non aveva
famiglia, era un broker finanziario e disponeva di molto denaro. Forse i
contatti della Spectocorp a Wall Street sapranno dirgli di più, ma per ora deve
accontentarsi di quel che può trovare qui. Soprattutto vorrebbe sapere come ha
fatto Hiller a diventare un licantropo. Non era un membro di quella razza
segreta di cui ha sentito parlare, ne è abbastanza certo, era un licantropo
vecchio stile: è stato colpito da una maledizione, morso da un licantropo,
oppure è accaduto in qualche altro modo più sinistro? Moon Knight è più
orientato in questo senso che se non sa dire il perché, puro istinto, deve
ammettere.
Apre dei cassetti ed
in uno di essi trova qualcosa che potrebbe essere interessante: un cartoncino
con impresso il disegno di una testa di lupo.
<<Marc, c’è del movimento fuori dalla
finestra.>> dice improvvisamente una voce nelle cuffie incorporate nel
suo cappuccio <<qualcuno o qualcosa sta arrampicandosi fuori dalla
finestra.>>
-Grazie Frenchie. Starò att...-
Un
sordo ringhio si sente alle sue spalle e Moon Knight si volta di scatto, in
tempo per vedere un licantropo precipitarsi addosso a lui. Moon Knight si
scosta appena in tempo: gli artigli del mostro gli avrebbero facilmente
squarciato il petto, ma l’uomo lupo non ha certo intenzione di mollare. Non
sarà facile uscirne vivi, pensa l’argenteo eroe, ma deve riuscirci. Non è certo
un caso se questo licantropo si è presentato proprio adesso. Hiller non era il
solo, dunque, ora ne ha la certezza. Con un gesto rapido Moon Knight afferra
due delle sue mezzelune e le getta contro il volto del licantropo che urla. Ha
avuto buon naso a farsene fabbricare un set d’argento, l’unico elemento letale
per i licantropi. Prima che il
licantropo si riprenda, Moon Knight gli sferra un calcio al plesso solare e lo
fa barcollare all’indietro. Un altro colpo e lo spinge oltre la finestra aperta
ed il licantropo precipita verso il selciato stradale venti piani più sotto.
-Frenchie, pronto a raccogliermi.- urla al
microfono.
<<.Oui, Marc, sono pronto.>>
Un
cavo sottile viene calato dall’alto ed appare davanti alla finestra. Moon
Knight vi si afferra e viene sospinto verso l’alto fino al veicolo argenteo
sopra di lui: il Mooncopter. Prima di entrarvi, getta uno sguardo sotto di se e
vede esattamente quello che si aspettava di vedere: il licantropo si è rialzato
e sta riprendendo la sua scalata. In lontananza si ode il suono di una sirena,
qualcuno deve aver chiamato la Polizia, per quel che può servire.
-Filiamocela Frenchie.
-Come desideri, Mon cher ami.- risponde un
uomo dai capelli neri ed i lunghi baffi: Jean Paul Duchamp, suo vecchio amico e
fidato pilota –Hai almeno trovato qualcosa di buono?-
-Forse.- risponde Marc Spector sfilandosi la
maschera e fissando quello che vedendolo meglio sembra una specie di biglietto
da visita di un locale notturno –Ma non sono sicuro di cosa voglia dire.-
Un indizio labile, ma
è l’unico che ha.
Un’elegante villa a
Brighton Beach, Brooklyn, il quartiere che chiamano Little Odessa, terra
di conquista delle Mafie Russe negli
Stati Uniti.
La donna dai capelli
rossi ed il costume scuro attillato si chiama Natalia Alianovna Romanova,
Natasha Romanoff per i suoi amici americani, Vedova Nera per quasi tutti. Bella
e letale superspia
Ha giocato una
partita d’azzardo, ma ha ottenuto quel che voleva: il capo della Mafia Russa,
Alexei Kostantinovitch Gerasimov è nelle sue mani e le basterebbe un gesto per
porre fine alla sua vita.
-Cosa
vuoi farmi?- le si rivolge -Non uscirai viva da qui.-
-Davvero?-
replica Natasha -Neanche tu. Ti ho fatto una promessa, ricordi?-
Una forte esplosione fa saltare la
porta d’ingresso e nel vano ormai libero appare una figura vestita di scuro.
Sul petto della sua tuta spicca la figura stilizzata di un grande teschio
bianco.
Prima che qualcuno possa fare o dire
alcunché il nuovo arrivato comincia a sparare a ventaglio riempiendo quasi
tutta la stanza di proiettili.
La Vedova Nera vede accasciarsi
Gerasimov ed immediatamente si tuffa al riparo di una poltrona. Sopra ed
accanto a lei oggetti si rompono e uomini cadono gridando.
Natasha ha subito riconosciuto il
nuovo arrivato: un uomo che sa come si fa un’entrata ad effetto. Molti suoi
amici nella comunità dei supereroi non approvano i suoi metodi, se non arrivano
a considerarlo un vero e proprio maniaco assassino. Natasha non ha i loro
scrupoli, per quanto la riguarda, lui è uno che sa come arrivare dritto allo
scopo, dei suoi metodi non le importa granché. Deve ammettere che la sua
entrata è arrivata al momento opportuno: lei avrebbe potuto certamente uccidere
Gerasimov, ma aver ragione del resto dei suoi uomini avrebbe potuto essere
problematico.
Adesso, però, deve fare qualcosa:
non è nel suo stile starsene da parte cercando di evitare le pallottole di
rimbalzo. Esce dal suo nascondiglio e con due colpi del suo Morso di Vedova
abbatte due sgherri. Con un calcio piazzato ne abbatte un terzo. Non male
davvero, pensa, visto che ha anche usato forza non letale. Matt Murdock ne
sarebbe contento.
Una calma irreale è scesa sulla
villa e Natasha si rivolge all’unico uomo rimasto in piedi:
Cosa
ti ha portato da queste parti, Punitore?
Perfino nell’era di internet ci sono
informazioni che non si riescono a trovare. Per questo ora tu, Danny Rand, sei
alquanto frustrato. Hai scannerizzato la foto ingiallita che hai trovato nel
baule di tuo padre e l’hai passata su un motore di ricerca. Tutto quello che hai
ottenuto è un articolo su un mago da palcoscenico apparso su un giornale degli
anni 30. Troppo poco, in effetti. Cos’ha avuto a che fare tuo padre con un mago
da strapazzo ed un gruppo di gente che sembra uscita da un vecchio pulp? E chi
è quella specie di Iron Fist ritratto con loro? Finora credevi di essere stato
il primo occidentale a guadagnare il potere del Pugno d’Acciaio, ma pare che
non sia così. Ti sei reso conto di non sapere molto della tua famiglia e del
tuo retaggio e la cosa non ti piace.
-Cosa
conti di fare?- ti chiede tua sorella Miranda.
-Visto
che ho i soldi necessari, farò fare qualche ricerca a dei professionisti.-
afferri il telefono e componi un numero che conosci benissimo –Jeryn… ho
bisogno del tuo aiuto.-
2.
Diario di Guerra del Punitore.
L’arrivo
e la successiva cattura della Vedova Nera mi hanno costretto ad anticipare il
mio attacco alla roccaforte di Alexei Gerasimov. Avrei preferito avere più
tempo per programmare tutto, ma non avrei mai potuto la sciare che la Vedova
Nera fosse uccisa. Non è esattamente un innocente passante e potrebbe cavarsi
dai guai anche da sola, ma ciò non significa che resterei a guardare.
Superare
le difese di Gerasimov non è difficile dopotutto. Mi preparavo da giorni ad una
possibile irruzione ed ero pronto a disattivare gli allarmi elettronici con una
delle diavolerie di Microchip. In fondo si tratta solo di anticipare i tempi ed
essere più diretti di quanto avessi pensato.
Percorro
rapidamente il giardino. Eliminare silenziosamente gli uomini lasciati di
guardia all’esterno non è un problema. Mi avvicino alla villa e sento delle
voci provenire dall’interno:
-La temuta Vedova Nera!- è la voce di Gerasimov –In
tanti hanno paura di te, ma sei caduta fin troppo facilmente nelle mie mani.-
-Ed intanto sono entrata qui dentro.- è la risposta
di una Vedova Nera niente affatto spaventata od indifesa.
-Cosa?-
Sento
dei rumori di lotta provenire da salone. Forse la Vedova Nera se la saprebbe
cavare da sola, ma perché rinunciare ad una buona occasione?
Basta
una granata a far saltare il portone d’ingresso. Si voltano a guardarmi con
occhi stupiti. Pare incredibile, ma davvero non si aspettavano una mia
visita. Non do loro il tempo di reagire
e comincio a sparare. Non mi preoccupo per la Vedova Nera: è riparata dietro
Gerasimov. Bene: non voglio essere responsabile per lei. Quando Gerssimov cade,
probabilmente colpito da qualche pallottola di rimbalzo, lei è lesta a tuffarsi
dietro un divano. Un’altra donna se ne sarebbe stata ferma aspettando che il diluvio
di piombo finisse, ma ovviamente lei non è una donna qualunque e si butta
nell’azione.
Alla
fine siamo rimasti in piedi solo noi due lei mi si avvicina chiedendomi:
-Cosa ti porta qui Punitore?-
-Secondo te?- ribatto –Tu piuttosto, da quando in
qua ti occupi di mafiosi, russi o di alte nazioni?-
-Da un po’, in effetti.-
Mi
racconta una storia di ragazze importate dalla Russia per fare le prostitute e
di un prete ortodosso aggredito da uomini di Gerasimov per aver fatto troppe
domande. Storia vecchia, almeno per me.
-Avevo promesso a Gerasimov che mi sarei presa la
sua testa se non se fosse stato buono.- conclude la Vedova -Lui ha mandato dei
sicari ad uccidermi ed io sono venuta a riscuotere il mio debito. Farmi catturare mi era sembrato il modo
migliore per entrare.-
-E come contavi di uscire?-
-Avrei pensato a qualcosa.-
Non
dico niente. Un gemito ha attirato la mia attenzione. Gerasimov è ancora vivo.
Ci avviciniamo e la Vedova si china su di lui.
-Ti avevo detto che non ti conveniva metterti
contro di me.-
-A… Aiu.... tami.- biascica Gerasimov. Sta praticamente piangendo. Tutti uguali
questi boss: arroganti quando hanno le carte buone in mano, ma se la fanno
sotto se le cosse vanno storto. Lo aiuterò, certo… ad andarsene più in fretta.
Due colpi ben piazzati in faccia ed è tutto finito.
Lo
sguardo della Vedova è indecifrabile.
-Ti conviene andartene adesso.- mi dice –Prima o
poi arriverà la Polizia e tu non intendi certo restare ad affrontarli, vero?-
-E tu?- chiedo.
-Perdere tempo a rispondere ad un sacco di domande?
Non fa per me. Mi daresti un passaggio a Manhattan?-
Non
le rispondo nemmeno e mi avvio alla porta. Lei mi segue.
Fine annotazione.
Tu e tua sorella Miranda state osservando
un Jeryn Hogart alquanto sconsolato.
-Non ho scoperto molto.- ammette –Ho frugato
(fatto frugare, in realtà) in archivi talmente vecchi e polverosi che pochi
ricordavano perfino la loro esistenza. È saltato fuori che c’era questo… questo
gruppo: i Complici del Curioso, che razza di nome. Un mistico da teatro, una
misteriosa Contessa, una specie di mezzo gigante, un reporter scozzese, un
buffo ometto e poi c’erano loro: l’Uomo dal costume verde ed il ragazzo. Ebbero
un paio d’avventure a New York o forse più di un paio, i resoconti sono…
nebulosi. In ogni modo scomparvero dalle scene nel 1934 o era il 37? . Poi,
circa una trentina d’anni fa, tuo padre apparve dal nulla, reclamò un’eredità
ed usò i soldi di quell’eredità per costruire la Rand-Mechum.-
-Un momento…- intervieni –Cosa vuoi dire con:
“apparve dal nulla”?-
-Esattamente quel che ho detto, Danny: non ci
sono documenti che provino l’esistenza di tuo padre prima del suo arrivo a New
York. Diamine: a questo punto non sono nemmeno sicuro che Wendell Rand fosse il
suo vero nome ed io ero l’uomo che lo conosceva meglio di chiunque altro.-
Sei
decisamente turbato. Passa qualche secondo di silenzio, poi chiedi a Jeryn:
-Hai parlato di un’eredità… l’eredità di
chi?-
-L’eredità di un altro uomo misterioso, un
uomo di nome Orson Randall –
Randall…
un nome fin troppo simile a Rand per essere una coincidenza. Devi assolutamente
saperne di più.
All’interno
di un club riservatissimo di SoHo a Manhattan pochi tra i presenti degnano di
un’occhiata l’uomo elegante che indossa un vestito costosissimo tagliato su
misura, i loro occhi sono puntati sulla bellissima donna dai capelli biondi al
suo fianco, inguainata in uno scollatissimo ed aderentissimo abito da sera
rosso fuoco con spacchi laterali ed all’uomo va bene così. In fondo non è su di
se che vuole attirare l’attenzione. Meno gente si ricorderà la sua faccia e
meglio sarà. Marc Spector conosce sia il valore della discrezione che
dell’azzardo ed ora non è ben sicuro di quale prevalga. Non è stato troppo
difficile scoprire che il biglietto da visita trovato in casa di Hiller
apparteneva a questo club i cui clienti sono estremamente selezionati, tutti
con conti bancari da otto zeri come minimo.
Entrare
è stata la parte facile, anche se li hanno fatti aspettare un bel po’, poi
improvvisamente Un uomo si presenta davanti a loro. Lo smoking non nasconde un
fisico tonico e muscoloso, frutto di un bel po’ di tempo passato in palestra.
Quello che colpisce Marc, per, sono le due cicatrici sottili che gli
attraversano il volto, proprio nei punti in cui ieri notte lui ha lanciato un
paio delle sue mezzelune d’argento contro il licantropo che l’aveva aggredito
mentre era nelle vesti di Moon Knight.
-Posso chiederle come ha avuto questo
biglietto?- chiede l’uomo –Non ne circolano molti.-
-Un mio amico mi ha garantito che qui io la
mia compagna avremmo trovato la giusta dose di forti emozioni e divertimento se
fossimo stati disposti a spendere la cifra richiesta.-
-E lei sarebbe pronto a spendere quella
cifra, quale che sia?- chiede l’uomo con un sogghigno.
-Se ne vale la pena si.-
-Oh... ne varrà la pena, Mr… Spector,
giusto?-
E
così sanno chi è. Non dovrebbe essere sorpreso. Questa gente, chiunque sia
prende le sue precauzioni.
-Lei e la sua amica siete i benvenuti.- dice
l’uomo.
-Non sono affatto sicura che sia stata una
buona idea accompagnarti, Marc.- Sussurra Marlene Alraune mentre entrambi
seguono l’uomo –Quell’uomo mi guardava come se fosse indeciso se violentarmi o
mangiarmi.-
Marc
Spector si sforza di sorridere. Intrufolarsi nel club di cui aveva trovato la
card in casa di Hiller gli era sembrata una buona idea al momento, ma forse
portare Marlene con è stato uno sbaglio, specie se davvero questo è un covo di
licantropi. Poteva solo sperare di non pentirsi troppo presto della sua
decisione.
3.
Natasha
Romanoff non è decisamente di buon umore. Come se non bastassero i suoi guai
finanziari, c’è stata la partenza di Ivan. La nota che ha lasciato diceva che
aveva un affare da sbrigare con un vecchio amico e di non preoccuparsi per lui,
che sarebbe tornato presto. Natasha aveva cercato di chiamarlo al cellulare, ma
era irraggiungibile. Il suo padrino sarà anche anziano, ma è sempre stato in
grado di cavarsela. Dovrebbe rispettare i suoi desideri o seguirlo?
-Mi piacerebbe vedere un sorriso sul tuo bel
faccino.-
Natasha
conosce quella voce. Si volta di scatto e lo vede in piedi accanto alla
porta-finestra che conduce al suo terrazzo: è l’uomo che si fa chiamare
Paladin.
-Come hai fatto da entrare?- gli chiede
brusca.
-Ho molti talenti ed adoro le entrate ad
effetto.- risponde lui –Speravo in un’accoglienza più calorosa, a dire il
vero.-
-Scusami Paul, in questi giorni sono molto
nervosa.-
-Ti sei scusata? Allora è vero: devi essere
depressa.-
Paladin
si sfila il casco e lo posa su un tavolino, poi si avvicina a Natasha.
-Si tratta di qualcosa per cui posso
aiutarti, babe?- le chiede.
-Ne dubito…- risponde la Vedova Nera -… e non
chiamarmi Babe, per favore.-
-Come vuoi. Sono già sulla lista nera di una
donna pericolosa che probabilmente mi vuole morto. Non voglio far arrabbiare
una ancor più pericolosa.-
Suo
malgrado, Natasha si ritrova a sorridere.
-Chi hai fatto arrabbiare stavolta?-
-Storia lunga. Magari ne parliamo più tardi.
Tu invece a chi hai pestato i piedi?-
-Cosa ti fa pensare che io abbia fatto
qualcosa di simile?-
-Ti conosco, ormai.-
Mentre
stava parlando, l’uomo che occasionalmente si fa chiamare Paul Dennis le si è
avvicinato e le ha cinto la vita con le braccia. La donna chiamata Vedova Nera
lo lascia fare e lo abbraccia a sua volta.
-Possiamo parlare dopo anche di questo.- gli
dice –Ora vorrei solo rilassarmi.-
-Che ne dici di una cena in un bel ristorante
alla moda? Io tiro fuori uno dei miei abiti migliori e tu uno di quei tuoi
abitini da sera mozzafiato.-
-Potrebbe essere una buona idea… per più
tardi.- sussurra lei baciandolo.
-Più tardi va benissimo.- acconsente lui
baciandola a sua volta.
Spostiamoci
ai Caraibi, dove possiamo osservare un eterogeneo gruppetto. L’uomo dai capelli
castani e gli occhi azzurri si chiama Clive Reston e sotto una scorza di cinico
sarcasmo nasconde un animo spesso tormentato. La ragazza slanciata al suo
fianco si chiama Leiko Wu, cinese per parte di padre, giapponese per parte di
madre, britannica per scelta forse non sa bene a quale mondo appartiene, ma non
ha mai lasciato che questo la fermasse. Il terzo uomo è alto e muscoloso, i
capelli e baffi neri sono ormai abbondantemente spruzzati di grigio, ma sprizza
ancora energia: non è ancora giunto il momento della pensione per Black Jack
Tarr. Il quarto ed ultimo uomo del gruppo è un cinese che veste un abito
tradizionale rosso e bordato d’oro ed i suoi lunghi capelli sono fermati da una
fascia dello stesso colore: Shang Chi, il figlio di Fu Manchu anela alla pace,
ma è spesso costretto a seguire un sentiero di violenza.
Tutti
è quattro sono agenti del MI6, il servizio di controspionaggio britannico ed in
questo momento vorrebbero essere altrove.
L’aria
è troppo calda nel tetro corridoio metallico eppure le pareti di metallo sono
gelide al tatto e la cosa è decisamente innaturale. Effetto delle energie
residue di quel dannato cubo cosmico che stavano fabbricando qui sotto quelli
dell’A.I.M. e che è sfuggito al loro controllo, pensa Reston asciugandosi il
sudore. Curiosamente gli viene in mente che suo padre gli ha narrato di come
parecchi anni fa da queste parti fu costretto a percorrere un condotto
d’areazione reso bollente. Si guarda intorno e si accorge di essere solo con
Leiko e la ragazza non indossa più la sua tutina Emmapeeler ma un paio di slip
da bagno bianchi ed una cintura da sub con appeso un coltello da squali. Non ha
senso: la sua immaginazione comincia a giocargli brutti scherzi. E gli altri
dove sono finiti? Deve riguadagnare il controllo al più presto.
È
strano scoprire che non sai molto della tua famiglia. In realtà non hai fatto
mai molti sforzi per saperne di più: sapevi che tuo padre era stato a K’un Lun
prima di te e che era considerato figlio dello Yu-Ti, l’Augusto Personaggio di
Giada, il governante della città celeste, che aveva rinunciato alla sfida del
Pugno d’Acciaio per motivi mai chiariti ed aveva lasciato la città al primo
momento utile. Non avevi mai approfondito la cosa, né riflettuto su come fosse
possibile che un occidentale dai capelli biondi e gli occhi azzurri fosse il
figlio primogenito di un asiatico. Ok, gli abitanti di K’un Lun non sono
esattamente esseri umani comuni e tu stesso hai sentito raccontare molte
storie, alcune anche contraddittorie tra loro, sulla sua origine, ma anche così
qualcosa non torna.
Ci
sono tante domande senza risposta: chi era veramente tuo padre? E chi era Orson
Randall? È lui l’uomo col costume di Iron Fist che hai visto in quella vecchia
foto, una foto apparentemente scattata quando tuo padre non doveva nemmeno
esser nato? Devi trovare le risposte.
Una
giovane donna entra nel tuo ufficio dopo aver bussato delicatamente e ti porge
una busta.
-La manda l’ufficio dell’avvocato Hogart.- ti
dice.
La
ringrazi ed apri la busta. Dentro ci sono delle carte ed una lettera di Jeryn
in cui ti spiega di aver rintracciato dei pagamenti regolari fatti negli ultimi
50 anni a certe persone e provenienti da un vecchio conto riconducibile a tuo
padre. Negli ultimi anni tutti i pagamenti confluivano in un unico posto. Leggi
i nomi e prendi una rapida decisione.
-Josephine…- dici, rivolto alla ragazza
davanti a te –Faccia preparare il jet aziendale per un volo intercontinentale e
mi avverta quando sono pronti.-
-Si signore.-
Quanto
a te, hai un po’ di telefonate da fare, cominciando da tua sorella.
4.
L’uomo
che è seduto su un divanetto con accanto due belle ragazze apparentemente
appena maggiorenni guarda sia Marc Spector che Marlene Alraune con lo stesso
sguardo che un predatore riserva alla sua preda. Marc deve quasi fare uno
sforzo sovrumano per non voltarsi e scappare. È qualcosa che non ha mai provato
prima, una specie di paura atavica e da come Marlene gli sta stringendo il
braccio è chiaro che prova le stesse sensazioni.
Il
loro ospite distende appena le labbra in una sorta di sorriso divertito e per
un istante Marc giurerebbe di aver visto brillare delle zanne, ma è stato solo
un attimo.
-E così lei è Marc Spector.- gli si rivolge
–Ho sentito parlare bene di lei e della sua azienda, la Spectocorp. È figlio di
un rabbino e... beh certi dettagli della sua biografia sono alquanto oscuri,
almeno per quanto riguarda gli anni tra la sua laurea ed il suo ritorno a new
York da… qualche posto imprecisato.
I suoi anni come
operativo della C.I.A. e poi come mercenario in Africa, ma non ha intenzione di
parlarne a quest’uomo che sa fin troppo di lui, se non sarà costretto. Si
rivolge all’uomo misterioso:
-Deve concedere ad uomo i suoi segreti
Mister…-
-Troppo giusto.- replica l’altro ignorando la
richiesta di Marc di conoscere il suo nome –Mi hanno detto che vorrebbe essere
uno dei nostri soci.-
-In effetti, si. Mi è stato detto che potete
offrire esperienze interessanti… anche se il broker che mi ha parlato di questo
club è stato molto vago su che tipo di esperienze.-
-Se davvero le interessa saperlo, Mr. Spector,
allora torni qui tra 27 giorni esatti e presenti questo biglietto
all’ingresso.- gli porge un cartoncino blu con sovraimpresse una testa di lupo
ed una luna piena –E se avrà il fegato di andare fino in fondo, non se ne
pentirà.-
-Perché devo aspettare tanto? Perché non
adesso?-
-Ogni cosa ha il suo tempo, Mr. Spector ed
ora non faccia altre domande e si goda la serata. E quando tornerà si porti
dietro la sua deliziosa compagna, anche lei sarà una gradita ospite.-
Di
nuovo quel ghigno e la sensazione di pericolo imminente. Marc si sforza di
mantenere la calma ed esce dal salottino sempre con Marlene al suo fianco,
entrambi reprimendo l’impulso di correre via.
Deve
essere così che si sentono gli agnelli circondati dai lupi, pensa Marc. Una
metafora fin troppo azzeccata visto cos'è che sta cercando.
Un attimo fa ero al fianco ei miei amici in
un corridoio dalle pareti di metallo ed ora… sono in uno spazio aperto, il
cielo sopra la mia testa e l’aria che odora di fiori appena sbocciati.
-Benvenuto Shang Chi.-
Mi volto di scatto, seguendo il suono della
voce che ho appena udito e...
-Madre!-
esclamo sorpreso.
Perché fai quella faccia figliolo? È vero che
non ci vediamo molto spesso, ma credevo che almeno saresti stato felice di
rivedermi.-
Lo sono, ma… mi interrompo di colpo, perché ho capito cosa sta succedendo. È quel
cubo cosmico di cui parlava Reston. Le sue energie stanno agendo sul mio
subconscio modificando la mai percezione della realtà o forse la realtà stessa.
Se è così, anche gli altri stanno vivendo in una realtà creata da loro e questo
può avere conseguenze gravissime, ma come posso impedirlo?
Il
suo nome è Ivan Petrovitch, ma non è il nome scritto sul passaporto che porta
in una tasca del suo giubbotto. Ha accettato una missione per conto del suo
vecchio amico Simyon Borisovitch Kurasov ed ora non può tirarsi indietro.
Kurasov, il Re dei Ladri, come lo chiamano in Russia, è uno dei rispettati capi
della malavita russa, ma diversamente da altri ha un suo codice d’onore. Per
quanto ne sa Ivan, non è mai stato coinvolto in fatti di sangue o nel traffico
di droga e non è poco di questi tempi. Vendere armi di contrabbando è una cosa
diversa, ovviamente, l’etica di Kurasov non arriva al punto di tralasciare
anche questo genere di traffico. Ognuno si dà i suoi limiti, pensa Iva, e chi è
lui per giudicare? Ha i suoi peccati sulla coscienza dopotutto.
Simyon
Borisovitch gli ha chiesto di sorvegliare questa consegna e lui lo farà anche
perché con la ricompensa potrà sistemare un po’ dei guai finanziari in cui lui
e Natasha si sono andati a cacciare e al diavolo la coscienza.
-Siamo arrivati, signore.- lo avverte il
pilota.
-Molto bene.- replica Ivan dando un’occhiata
alle luci della pista che si avvicina sotto di loro.
Il viaggio è giunto
alla fine e lui sente una sorta di inquietudine. Lo stanno aspettando dei guai, lo sente, ma
ormai si è spinto troppo avanti. Posa la mano sulla pistola che porta nel
giubbotto, ma non si sente molto rassicurato.
5.
Un
momento prima era in un corridoio metallico in fondo al quale brillava
un’inquietante luce, ora si trova a bordo di un aereo militare da trasporto e
si appresta a lanciarsi col paracadute. Black Jack Tarr ricorda benissimo la missione
in cui sta per tuffarsi, una missione pericolosa adatta agli uomini dello
Special Air Service dell’Esercito Britannico... una missione che lui ha
compiuto 30 anni fa, perché la sta rivivendo adesso? Sa cosa accadrà alla
maggior parte degli uomini che sono con lui: moriranno tutti. Ora però ha una
seconda possibilità: sapendo cosa sta per accadere può salvarli tutti se ha il
coraggio di provarci.
Una
bellissima villa sulla Riviera Francese a due passi da Montecarlo, un posto
inusuale, ma in un certo senso perfetto, per nascondersi, pensi mentre ti
avvicini all’ingresso. Ma le persone che vivono all’interno si stanno davvero
nascondendo? E se la risposta è si, da cosa? Il cancello si apre
silenziosamente e tu scambi un’occhiata perplessa con tua sorella. Percorrete
rapidamente il vialetto che porta ad un massiccio portone di quercia, che si
apre prima ancora che tu possa usare il pesante batacchio per bussare oppure,
più prosaicamente, usare il campanello.
Ad
aprire è stato un uomo non molto alto ed un po’ cicciottello, i pochi capelli
che ha e la barba sono candidi come la neve, potrebbe avere 80 anni da quel che
poi giudicare, sul naso sono poggiati degli occhiali pince-nez.
-Wendell!- esclama –Sei davvero tu dopo tutti
questi anni?-
-Ehm…no.- rispondi –Sono Danny, il figlio di
Wendell, e questa è mia sorella Miranda.-
-Il figlio di Wendell? Ma certo, è ovvio. Che
mi prenda u n colpo se non sei il ritratto sputato di tuo padre... e anche tu,
ragazzina, a dire il vero.-
-Lei è Ernst Erskine, quello che chiamavano
Lucky Pierre?- chiedi.
Il vecchio sospira ed il suo sguardo sembra
assumere una strana luce, come se stesse vedendo cose che solo lui può vedere,
cose del passato.
-Qualcuno mi chiamava con quel nome, ma è
stato una vita fa.-
-Avrei delle domande da farle, molte domande
in realtà, su mio padre e su di un uomo di nome Orson Randall.-
-Allora è meglio entrare, non credi figliolo?
Si parla meglio seduti in una poltrona e con un buon bicchiere di cognac in
mano, specie alla mia età… anche se la mia infermiera potrebbe aver a che
ridire sul cognac.-
Entrate e la porta si
chiude alle vostre spalle, mentre siete ignari che degli occhi ostili vi stanno
spiando.
Aggirarsi nelle fogne
con un costume bianco non è forse la più azzeccata delle scelte, riflette Moon
Knight, ma in realtà non c’erano molte alternative. Lui vuol saperne di più su
quel club del Lupo e dove Marc Spector non può arrivare, deve pensarci Moon Knight.
Grazie alle planimetrie che si è procurato, ha scoperto un tunnel ormai
dimenticato proprio sotto l’edificio che gli interessa. Per uno coi suoi
talenti non è difficile aprirsi un’entrata nelle cucine e da lì arrivare
proprio dove gli interessa: gli uffici. Per sua fortuna non c’è nessuno. Il
club non riaprirà fino a prossimo weekend e visto che non c’è la luna piena,
non corre nemmeno il rischio di imbattersi in un licantropo.
È assolutamente certo
che c’è qualcosa di poco pulito ed i gestori del club ci sono dentro fino al
collo. Marlene scherzava per alleggerire la tensione, ma anche lui ha avvertito
qualcosa: qualcosa che scatena le paure ancestrali dell’uomo, una malvagità
palpabile. Non spera veramente di trovare degli indizi nell’ufficio, ma poi
passerà a perquisire il resto e qualcosa troverà, ne è certo.
Un ringhio sordo alle
sue spalle lo scuote dai suoi pensieri e Moon Knight si volta di scatto per
trovarsi di fronte ad un licantropo gigantesco. Tanti saluti alla teoria della
luna piena.
-Non avresti dovuto impicciarti di affari che non
ti riguardano.- il
licantropo parla, le sorprese non finiscono mai. –Ora dovrò punirti.-
Il licantropo lo
attacca e Moon Knight si trova proiettato contro una finestra. Lo slancio li
porta entrambi all’aperto. Moon Knight riesce a lanciare un cavo che aderisce
ad un cornicione spezzando la loro caduta e proiettandoli contro un vicino
muro. Per fortuna è il licantropo a sopportare tutto l’impatto, cosa che lo costringe
a mollare la presa.
Moon Knight raggiunge
il suolo, dove il licantropo sta già rimettendosi in piedi. Ora che lo vede
meglio si rende conto che è lo stesso con cui ha combattuto due notti prima
nell’appartamento di Hiller, lo stesso che è probabilmente anche il buttafuori
del locale che li ha introdotti nel salottino del capo. Le cicatrici a forma di
mezzaluna sul volto lo confermano, almeno per quanto lo riguarda.
Senza parlare il licantropo
lo assale ancora una volta e Moon Knight è rapido ad evitare i suoi artigli. Restare
sulla difensiva non è da lui, però, forse i suoi dardi a mezzaluna d’argento
saranno efficaci come la prima volta. Ne lancia uno, ma il licantropo lo evita
e sferra un altro attacco. Moon Knight evita d’un soffio un colpo che poteva
essere mortale e colpisce il suo avversario al collo con il taglio della mano.
Il licantropo barcolla. A quanto pare non è forte come nel loro precedente
incontro. Dev’essere perché non c’è la luna. Per qualche oscura ragione è
capace di trasformarsi come faceva Russell, ma anche se è intelligente, è meno
forte… anche se comunque abbastanza forte da farlo a brandelli, teme.
I due avversari si
stanno squadrando quando un terzo elemento irrompe sulla scena: auto della
Polizia. Qualche cittadino zelante deve averla chiamata. Il licantropo scuote
la testa:
-La prossima volta, magari.- mormora e con un
balzo scompare in un vicolo.
Moon
Knight soppesa l’ipotesi di dargli la caccia, poi decide di lasciar perdere: ha
la netta sensazione che non lo troverà se non vuol farsi trovare, ma presto co
sarà un’altra occasione, ne è certo, ed allora regoleranno i conti in sospeso.
Per ora meglio anche per lui se non perde tempo a dare spiegazioni alla
Polizia. Ci saranno altre notti di caccia.
FINE PRIMA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Rieccoci
qui, dopo tanto tempo a riannodare i fili delle nostre narrazioni intrecciate:
1)
Moon
Knight si trova a fronteggiare una banda di licantropi assassini? Chi frequenta
l’Universo Marvelit sa che la storia dei licantropi è quantomeno complessa e
potrebbe chiedersi cosa c’è dietro a questi che apparentemente sembrano
licantropi classici. Prometto che presto avrete tutte le spiegazioni dovute e
Valerio Pastore non dovrà arrabbiarsi. -_^
2)
Jack
Russell, citato più volte nel racconto, è il licantropo per eccellenza
dell’Universo Marvel. Creato nel lontano 1971 da Roy Thomas e dalla sua prima
moglie Jean ed affidato alle cure di Gerry Conway & Mike Ploog vide la luce
su Marvel Spotlight #2 datato febbraio 1972 (in Italia su Albi dei Super Eroi #6)
ed in Italia è anche noto col nomignolo di Licantropus. Attualmente milita
nella Justice Inc. col nome di Sabre.
3)
I
più informati di voi avranno già capito dove voglio andare a parare con la
ricerca di Danny Rand, ma spero che rimarrete piacevolmente sorpresi per le
soluzioni da me trovate. Non seguir certamente in maniera pedissequa l’ottimo
lavoro di Ed Brubaker e Matt Fraction su Immortal Iron Fist, ma ne terrò conto,
siatene certi.
Nel prossimo
episodio: resisteranno Shang Chi ed i suoi amici alle insidie del Cubo Cosmico?
Danny e Miranda scopriranno gli oscuri segreti della loro famiglia? Moon Knight
risolverà l’enigma dei licantropi? In che guai si sta cacciando Ivan
Petrovitch?
Non saranno troppe
domande per un solo episodio? Non resta che leggere e scoprirlo.
Carlo